La dieta a punti è stata ideata negli anni ’70 da un dietologo italiano, il dottor Guido Razzoli.
Si basa sull’assegnazione di un punteggio ad ogni cibo. La quantità di punti totalizzata ogni giorno (data dalla somma dei punti di ogni alimento consumato) deve essere sempre compresa tra 40 e 60. Generalmente i cibi ricchi in proteine hanno pochi punti (es. pesce e carne in hanno 0 punti), mentre gli alimenti ad alto contenuto glucidico, come pane o minestra di legumi, possono arrivare fino a 40 punti.
Sostanzialmente è una classica dieta “low carb” che mira, quindi, alla riduzione dell’insulina.
Questa dieta ha una presunta funzione educativa poiché il soggetto è protagonista della costruzione del suo modello alimentare, ma non insegna a mangiare correttamente.
È fortemente chetogenica (con affaticamento di fegato e reni) e l’insufficiente apporto di frutta e verdura può portare a una carenza di vitamine e sali minerali.